Perché per fare l’educatore serve la laurea?

study-1968077

Quando racconto che sono un’educatrice, le persone associano il mio lavoro solo all’infanzia, pensando ai nidi o scuole dell’infanzia. Credono che io sia una piccola animatrice e passi la giornata a giocare con i bambini. Senza riflettere su cosa davvero ci sia dietro questo ruolo e responsabilità. Risultato? Tutti possono fare questo lavoro e ciò provoca dei gravi danni.

In Italia chiunque può qualificarsi come educatore, anche senza aver fatto un percorso formativo inerente.

Per riconoscere e valorizzare questo splendido ruolo, finalmente il 20 dicembre 2017 è stata approvata in extremis la legge Iori, che ha l’obiettivo di disciplinare le professioni di educatore e pedagogista, attraverso l’obbligatorietà della laurea. È una svolta storica. 

Perché è così importante formarsi e laurearsi in campo educativo?

Iniziamo dal campo più conosciuto dall’opinione pubblica. L’infanzia. la convinzione comune è: “Perché dovrei studiare per lavorare con i bambini? Basta la passione!”. Questo pensiero è molto pericoloso. Lo dimostrano gli ultimi casi di cronaca. Sminuire la fascia d’età 0-3 equivale a ignorare l’abc della pedagogia e, tra l’altro, non avere neanche la minima consapevolezza di quanto questo periodo sia di fondamentale per lo sviluppo neuroevolutivo del bambino. Nei primi tre anni di vita, si costituisce la base portante su cui si regge lo sviluppo cognitivo e della personalità del bambino. La capacità di apprendimento e delle sinapsi è tre volte superiore ai periodi successivi della crescita. Per non perdere importanti occasioni di apprendimento, è essenziale essere adeguatamente formati.

Fare l’educatore significa lavorare anche con i disabili adulti, anziani, adolescenti in comunità, nei centri di aggregazione giovanile, essere educatori domiciliari. Solo per citare alcuni esempi.

Aree talmente delicate che, per svolgere questo ruolo in modo appropriato, una laurea diventa obbligatoria.  

L’ambito educativo, purtroppo, appare vago perché non sono mai stati posti confini normativi che potessero aiutare a legittimare una cornice scientifica ed epistemica esistente da tempo. Inoltre, le professioni pedagogiche basano il loro agire su una scienza, la pedagogia, che si occupa di educazione. Non nel senso più povero del termine ovvero le regole di bon ton, ma si basa su una serie di competenze che spaziano in diverse discipline formando una ricca multidisciplinarietà. Questo è uno dei punti di forza della nostra professione ma anche una delle debolezze perché considerata tuttologia. Per cui alla portata di chiunque.

Come qualsiasi professione degna di nota, anche l’educatore deve basarsi su competenze oggettive. Come studiare cosa sia un processo inclusivo a 360 gradi, approfondire la tematica del prendersi cura in modo autentico, le disabilità più importanti, avere delle basi di psicologia della sviluppo, conoscere la storia della pedagogia per capire da dove si è partiti, comprendere le difficoltà delle disabilità più importanti, essere informati sugli strumenti compensativi per gli studenti con DSA, analizzare in modo dettagliato le problematiche relative all’adolescenza. Questi sono solo alcuni esempi.

Nella mia esperienza lavorativa, lavorando con chi non aveva nessun tipo di formazione, la differenza l’ho sempre notata. Durante gli anni ho assistito a scene discutibili in cui disabili adulti passavano le giornate a colorare schede fasulle, che nemmeno in prima elementare. Ho discusso con educatrici convinte che gli studenti con DSA fossero disabili, pseudo colleghe che alla pianificazione del PEI (progetto educativo individualizzato) andavano in panico perché non sapevano nemmeno cosa fosse e conseguentemente da dove partire per stilarlo.

Mancano le attenzioni ai particolari, un progetto a lungo termine, il lessico appropriato, le varie prospettive sulle problematiche, le riflessioni precise, le prassi nell’agire, lo studio delle azioni e responsabilità.

Fanno eccezione, gli educatori con decennali anni di esperienza senza laurea che hanno incrementato le loro mancanze con numerosi e importanti anni di carriera alle spalle, da cui ho imparato davvero molto.  

C’è chi fa comunque un buon discreto lavoro, ma in molti basano la loro azione sull’istinto e sull’emulazione, senza pensare che una determinata prassi comporta una specifica condizione per l’utente. Generalizzare è sbagliato ma, non si può far coordinare dei centri estivi di 120 bambini e per cui la conseguente enorme responsabilità, a chi si è diplomato al conservatorio, e ha qualche anno di esperienza come educatore. True story.

Nessuno vieta la formazione continua autodidatta ma è essenziale anche per il post-laurea, come in qualsiasi altro campo lavorativo. Il fai-da-te non dovrebbe essere contemplato in questo settore ed è giusto che finalmente arrivi una tutela ufficiale, soprattutto per chi usufruisce dei servizi.

Attenzione, la laurea non garantisce la qualità suprema del servizio ma crea la base di partenza essenziale per un’alta professionalità.

Anche le persone laureate commettono degli errori, siamo persone e possiamo sbagliare. Non tutti sono bravi, come non tutti i medici sono ottimi dottori. Tuttavia senza le basi teoriche le possibilità di sbagliare aumentano notevolmente, come del resto quando manca un’esperienza concreta nei servizi. La pratica teorica deve essere affiancata all’azione pratica ma spesso chi è laureato non riesce a fare esperienza perché lavorano anche i non laureati.  Su questo punto, le università devono incrementare i loro piani didattici inserendo maggiori ore di tirocinio in diverse aree per rafforzare le competenze in riferimento ai diversi ambiti (comunità, RSA, lavoro domiciliare), supervisionando ogni esperienza.

Chi non ha il titolo non sa come si lavorerebbe meglio con una formazione adeguata.

La mediocrità non deve più essere ammessa perché improvvisare a discapito dell’utenza è deleterio. La legge Iori è utile per gli educatori del domani perché non sarà retroattiva. Nessuno verrà licenziato. Chi già lavora dovrà fare delle integrazioni di 60 crediti. Nell’arco dei prossimi anni, il numero delle persone non laureate impiegati come educatori, diminuirà fino a scomparire. Non è una legge perfetta, ha parecchie incompletezze ma è un buon primo passo. Ora deve prevalere il senso di responsabilità nei confronti delle persone. Quelle che hanno deciso di formarsi ma soprattutto, di chi ci si prende cura, che meritano di essere sostenute da personale qualificato.

Qui sotto trovate il testo del DDL (Legge Iori) approvato il 20 dicembre. Ci sono delle modifiche rispetto alla proposta iniziale, per questo invito tutti a leggerla con attenzione.


I’m Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere aggiornato sui prossimi in uscita ma anche per conoscere e raccontare storie e progetti su tematiche pedagogiche e sociali, puoi mettere un like sulla mia pagina fb facebook.com/diariodiuneducatrice

 

Annalisa Falcone
Sono un’educatrice e pedagogista. Non potrei immaginarmi a vivere felicemente senza questa meravigliosa e faticosa professione. Adoro leggere e la pedagogia è la mia passione più grande. Ho studiato e lavorato a Milano, Bologna e ad Alicante, piccolo e piacevole paese a sud della Spagna. Faccende di cuore mi hanno portato nel 2015 nell’affascinante Londra.

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *