Negli anni, come educatrice, ho affrontato la morte in molte occasioni. In ogni episodio, la parte più difficile è stata la reazione e il rapporto che i genitori avevano con la morte e il conseguente momento di lutto dei bambini. Ho assistito a scene di rabbia perché avevo letto una storia che raccontava in piccola parte anche della morte di mamma coniglio, colleghi che non volevano parlare della famiglia con i bambini per non scuotere vissuti di tristezza.
Insomma, la morte è ancora un tabù.
È anche una parte della vita e i bambini devono affrontarla. Può capitare di vedere un animale morto al parco, dover salutare i propri nonni o solo capire che Elsa e Anna di Frozen hanno perso i loro genitori.
Per questo, occorre spiegare, raccontare, condividere. Anche per preparli per gradi quando e se dovranno affrontare lutti importanti. Le modalità che scegliamo devono basarsi su l’età dei bambini che abbiamo di fronte. Lasciamo a loro il tempo per elaborare la notizia, anche quello di esser tristi o malinconici.
Si possono distinguere 4 fasce d’età e diversi tipi di consapevolezza:
- Fino ai 3 anni, i bambini si ritrovano a concepire la perdita del legame affettivo, soprattutto se viene a mancare la figura di attaccamento principale. Non possono ancora concepire la morte e la gestione delle fase della mancanza e lutto diventa fondamentale.
- Dai 3 ai 5 anni è il periodo in cui acquistono la consapevolezza di sè e degli altri. Concepiscono la perdita più come separazione che un evento da cui non c’è un ritorno. È la fase della scoperta e rivelazione, in cui entra in gioco anche la rappresentazione magica della morte. Pensiamo ai giochi che fanno, o anche ai cartoni, i personaggi che fingono di morire e si rialzono subito dopo sono tantissimi. Iniziano anche le prime curiosità. Nel caso si dovesse affrontare un lutto è essenziale rassicurare il bambino e dargli delle basi solide su cui appoggiarsi.
- Dai 6 ai 10 anni hanno una concezione della morte reale, di un evento non modificabile. La morte si rifa anche ad una dimensione concreta del corpo, della malattia, della sofferenza, di una parte che non funziona più. Renderli partecipi dei rituali legali alla morte è importante, spiegargli cosa accadrà e con che modalità. Non nascondergli le emozioni e accogliere le loro reazioni senza negarle. Le domande diventano più precise, dettagliate e pungenti. La paura che possa accadere alle persone a cui vogliono bene diventa incalzante, le ansie riversate soprattutto alle persone anziane e agli animali domestici. Iniziano anche le prime rappresentazioni mentali (dovute anche ai film o cartoni) come lo scheletro, il fantasma che si aggira per casa, il buio che inghiottisce, ecc.
- Dai 10 anni in su, è un tema di cui si è consapevoli soprattutto anche a livello fisico. I bambini conoscono la funzione dei principali organi e collegano la morte ad un evento definitivo in cui il corpo ha smesso di funzionare e il cuore non batte più.
In tutte le fasi non ci sono ricette magiche ma accorgimenti importanti. Bisogna trovare le parole adeguate, essere onesti è un dovere che dobbiamo rispettare come figure adulte.
Chi ha fede potrà sostenersi sulla propria religione, gli altri possono adeguare il racconto in base alle proprie convizioni etiche e personali.
Per i funerali, dipende dalla situazione personale, ma portandoli in questi giardini speciali diamo loro un’occasione importante per vivere questa esperienza e porsi anche qualche domanda. Possiamo prepararli e accompagnarli, spiegandogli dove si terrà, cosa accadrà e che ci saranno altre persone.
Non associare mai la morte al sonno per evitare ansie gravose.
Si sa i bambini fanno le domande in un modo tutto loro, che non corrisponde a quello degli adulti, e non rispetta sempre le regole della della diplomazia. Inoltre, se hanno il pensiero di porci una domanda, sono anche pronti ad ascoltare la risposta.
Ci osservano, sanno riconoscere la nostra tristezza, stanchezza o esasperazione. I genitori non perdono la loro aurea di onnipotenza, di infallibilità, la loro autorevolezza sui figli, esponendo le difficoltà che hanno dovuto affrontare. Mostrano il loro lato umano, con la loro forza e le loro debolezze.
Rispondiamo con onestà, senza banalità e superficialità. Il nostro comportamento sarà per loro una cartina tornasole importante per affrontare questo momento delicato.
Se necessario, non sottriamoci alla cura del ricordo, dove poter affidarci alla narrazione e dialogo.
Un turbamento può produrre sia effetti positivi sia negativi: ciò dipende anche dalla sua discussione. Non banalizziamo questa fase. È un momento di svolta: con l’aiuto dei suoi genitori scopre dentro di sé delle emozioni, delle domande e pensieri nuovi. Sono dei momenti intensi e preziosi di maturazione.
Perché questa esperienza rappresenterà un’occasione di apprendimento fondamentale.
In nostro aiuto, la letteratura per l’infanzia offre dei validi strumenti che possono sostenerci senza consegnare alle storie l’intera responsabilità di spiegare quello che sta accadendo. I libri non sono delle pillole magiche che risolvono le situazioni più delicate.
Qui voglio consigliarvi alcuni albi che narrano la perdita, ma accogliamo anche i desideri di tuffarsi nelle avventure magiche, o solo in una bella storia senza che debba ricordarci il senso di vuoto che si crea durante le fasi del lutto. Ascoltiamo ciò di cui i bambini hanno bisogno, non scambiamo le nostre paure con le loro.
Fra i miei preferiti in assoluto, c’è “L’isola del nonno” di Edizioni Giralangolo. Racconta di un viaggio fantastico di un bambino e il suo nonno.
Un giorno Syd va a trovare il nonno che gli mostra in soffitta una porta misteriosa. Varcandola i due si ritrovano su una nave che li conduce a un’isola tropicale e bellissima. Insieme si divertono e scoprono mille angoli meravigliosi, tanto che il nonno decide di fermarsi mentre il nipotino rientra a casa.
Prima di salpare, i due si abbracciano per l’ultima volta. È un momento intenso e doloroso. Il nonno sorride, non soffre la solitudine, circondato da allegri uccelli tropicali e dai suoi oggetti più cari.
È la storia di una morte, ma che si percepisce solo con uno sguardo differente.
È un albo illustrato che racconta con intelligenza e anche simpatia il saluto di un bambino al suo caro nonno. Lo fa usando delle illustrazioni strepitose e una metafora magica che tocca le corde giuste.
Super consigliato dai 4 anni in su. Ammetto di averlo comprato come regalo ma dopo averlo letto ho deciso di comprare una seconda copia per me. Come nipote, quando la malinconia si fa più forte mi piace pensare i miei nonni su un’isola magica. Chi ha detto che gli albi illustrati siano solo per i più piccoli?
Per i bambini più grandi, direi dagli 8 anni in su, invece consiglio “Ho lasciato la mia anima al vento” di Emmi edizioni. È un testo breve ma con una forte carica emotiva.
Un nonno (o nonna?) lascia un messaggio speciale a suo nipote. Gli racconta che non potrà esserci, ma che la vita andrà avanti e lo invita ad apprezzare tutti i segni che gli ha lasciato per sentirsi ancora vicini. Illustrazioni delicate, con colori caldi e intensi che addolciscono la malinconia.
È un albo sensibile e commovente. Una carezza d’amore per tutti, anche per i grandi.
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Gentile Annalisa,
una volta, quand’ero bambino io, che sono nato negli anni ‘50’, la morte era più presente nelle famiglie, intendo dire proprio ‘fisicamente’. I miei nonni paterni infatti, che come spesso succedeva nelle famiglie allargate di allora vivevano con figli e nipoti, sono entrambi morti nel loro letto. Di mio nonno ricordo anche le foto della sua salma composta nella bara scoperchiata e di tutto il funerale: un album fotografico proprio come ancora adesso si usa per i matrimoni; spesso negli anni successivi mi capitò di guardare quelle foto, come si guardavano quelle dei compleanni o delle gite. Ecco quindi che la morte si poteva toccare con mano e diventava naturalmente parte della vita. Da bambino accompagnavo spesso mia madre al cimitero e quel luogo mi sembrava un luogo interessantissimo, un bellissimo giardino dove giocare, pur senza fare chiasso, circondato dal profumo dei cipressi e dei fiori. Ero perfettamente conscio del fatto che sotto quelle belle costruzioni di marmo vi erano sepolte delle persone, anche i nostri cari, ma questo non mi rattristava, non mi spaventava. Credo che raccontare la morte ai bambini sia diventato un tabù in tempi abbastanza recenti, i tempi del benessere economico diffuso, durante i quali abbiamo voluto allontanare qualunque tema che possa turbare il nostro quieto vivere, la felicità dei nostri figli che abbiamo avvolto in un guscio protettivo, all’interno del quale i rumori del mondo giungono smorzati. Eppure tutti i giorni i bambini sono bersagliati da immagini di morte, o, meglio, da una rappresentazione fittizia di essa, attraverso televisione o videogiochi, tanto da non riuscire a comprendere la sua vera natura o, peggio, confonderla banalizzandola. Ecco dunque che è la narrazione sbagliata della morte ad allontanare dalla realtà, forse non solamente i bambini. Concludo dicendo che felicità non significa nascondere l’esistenza della morte, anzi, con la consapevolezza possiamo godere di più della luce che ci circonda.
Daniele
P.S.
Gentile Annalisa, se le farà piacere mi piacerebbe inviarle in privato (anche in versione ebook) un libretto per l’infanzia, da me pubblicato alcuni anni fa, che tratta il tema della morte. Proprio l’indirizzo ‘per l’infanzia’ è stato da alcuni criticato e a questo proposito, vista la sua esperienza, mi farebbe piacere conoscere (sempre in privato) il suo parere.
Cordialmente