Come eravamo innamorati, noi,
laggiù nei manicomi
quando speravamo un giorno
di tornare a fiorire
ma la cosa più inaudita, credi,
è stato quando abbiamo scoperto
che non eravamo mai stati malati”. Alda Merini
Sono tempi durissimi, su tutti i fronti. In cui bisogna sottolineare anche i diritti più basilari. Quello all’uguaglianza sembra essere il più colpito. Immigrati e persone disabili i primi della lista, colpendo la dove il dolore è più forte.
L’unico modo che abbiamo per salvaguardare i nostri diritti (si di tutti quanti) è diffondere le giuste informazioni. La cultura ci salverà, sempre.
La Legge Basaglia non ha solo abolito la chiusura dei manicomi ma ha ridato una dignità umana alle persone con disabilità intellettiva.
Non si considerava più il malato un individuo pericoloso, ma una persona del quale devono essere sottolineate, anziché represse, le qualità umane. Una guarigione possibile solo tramite la relazione con il mondo esterno. Attraverso il lavoro e ai rapporti umani.
Tanto è stata importante questa legge tanto erano terrificanti le condizioni che le persone subivano. Erano considerate dei rifiuti in carne e ossa.
La legge 180 ha messo fine ad abusi inumani, a pratiche orrende come la TEC (il famoso elettroshock), la contenzione fisica coatta (il legare le persone ai letti e termosifoni), le percosse, la sporcizia, le lobotomie, le docce gelate e la violenza come metodo “clinico” diffuso.
Non erano solo i lacci fisici a legare i malati mentali al letto ma anche potenti farmaci utilizzati come sonnifero, un contenimento che non chiedeva altro sforzo. Una cura, una terapia. Il nulla.
Non si chiudevano solo i manicomi, si eliminavano soprattutto quelle misure e atteggiamenti che portavano la persona a sentirsi inadeguata, malata, isolata, umiliata e anonima. La vera malattia era il manicomio che rinchiudeva in quattro mura ciò che poteva essere trattato da una società intera.
Basta aprire un libro di sociologia per capire quanto le istituzioni totalizzanti possano essere pericolose. La persona viene sminuita nella sua personalità. Viene cancellata e calpestata.
Per questo dobbiamo opporci a chi anche solo vagamente vuole eliminare i progressi fatti cancellando così gli ultimi 50 anni di ricerca scientifica.
In un paese che, invece, avrebbe bisogno di investimenti, risorse, strumenti e appoggio in cui la malattia mentale è considerata ancora una “vergogna”.
Non tutti sanno che il dopo il terremoto dell’Aquila, la protezione civile decise di costruire una tendopoli dedicata ai servizi psichiatrici e ai loro pazienti, e solo a loro, ben distante dalla città. La preoccupazione della protezione civile era che la presenza dei ‘matti’ in mezzo ai comuni cittadini, potesse creare problemi nella gestione dell’emergenza.
È un episodio, fra i moltissimi, che però raccontano le difficoltà culturali, più che materiali, dell’attuazione della legge anche a trenta e passa anni di distanza.
Oggi la cura dei pazienti psichiatrici è affidata ai Dipartimenti di Salute Mentale che compie il proprio compiti in vari tipi di servizi: ambulatori, centri diurno, comunità e centri di salute mentale. In quest’ultimi si dovrebbe trovare un’equipe multipla ma spesso, i medici sono sovracaricati di pazienti.
Si occupano di molteplici attività di prevenzione, cura e riabilitazione tra loro integrate.
Una guarigione vera e propria dalla malattia mentale si realizza solo in alcuni casi. Per le situazioni croniche non sono totalmente curabili, e l’obiettivo diventa quindi gestire al meglio la malattia e raggiungere un buon livello di benessere.
Si lavora per far in modo che la persona abbia la possibilità di condurre una vita il più possibile dignitosa e autonoma, ottenendo anche l’esercizio dei diritti di cittadinanza.
Tutti gli interventi tendono a ricostruire il tessuto relazionale, sociale e affettivo di queste persone.
Certo, le condizioni non sono super elevate. I medici sono pochi con un carico elevatissimo di pazienti, gli educatori e i terapisti occupazionali hanno un monte ore ridotto. Insomma, le risorse sono precarie se non nulle.
Il finanziamento per i servizi che si occupano di salute mentale è meno del 3,5% del totale della spesa sanitaria italiana. Gli altri stati europei si aggirano attorno al 10-15%.
Strumenti e interventi che sostengono anche i familiari dei pazienti, le stesse famiglie che il Ministro dell’Interno ha detto di voler difendere con l’apertura dei “manicomi”.
La qualità della vita dei pazienti è sempre al primo posto. Se per chi sta fuori, “dall’altra parte del cancello”, dove Cristicchi dice esserci la risposta, i manicomi sono stati chiusi, per altri versi Basaglia ha contribuito ad aprirli. Non è un’ovvia sfumatura o un gioco di parole sarcastico, perché l’apertura mentale di una legge rivoluzionaria e l’apertura dei cancelli ha rappresentato l’apertura di orizzonti sconfinati e di nuove prospettive, e non solo quella delle tante serrature disseminate per l’Italia. La modernità di Franco Basaglia è il manifesto della libertà donata a tantissimi persone, la stessa libertà globale che ogni cittadino civile, solidale dovrebbe sentire nei confronti dell’altro.
Ricordiamoci di lottare contro chi vuole affondare i diritti dell’uomo perchè come sostiene Simone Weil, “C’è obbligo verso ogni essere umano, per il solo fatto che è un essere umano”.
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