Viviamo in un’epoca iper tecnologica e se questo porta una serie massiccia di risvolti positivi, provoca anche delle conseguenze potenti. Soprattutto, quando parliamo di sviluppo del cervello ed educazione. Vi avevo già parlato di quanto come educatori, dobbiamo considerare le neuroscienze un pezzo importante del nostro lavoro.
Per questo ho chiesto alla neuropsicologa Letizia Giribaldi dell’equipe dello studio epochè pedagogico di Faenza di raccontarci quanto una vita digitale sproporzionata sia preoccupante. Stando attenti a non demonizzare la tecnologica ma capire come poterla utilizzare al meglio.
Sono passati circa 46 anni dall’uscita del primo telefono cellulare. Da allora, molte cose sono cambiate, tra cui il nostro approccio alla tecnologia. Un progresso tecnologico rapido e in continua evoluzione, che non ci ha concesso il tempo e i modi per affrontarlo con l’adeguata cautela.
Nel 2019, i bambini crescono in ambienti digitalizzati, 7 bambini su 10 riferiscono di preferire giocare con il cellulare piuttosto che con i compagni o all’aria aperta.
Da uno studio trasversale americano condotto su 350 bambini di età compresa fra i 6 mesi e i 4 anni, emerge che il 96,6% utilizza dispositivi mobili (DM) e che il 92% inizia ad utilizzarli nel primo anno di vita e a partire dai due anni li utilizzano giornalmente. In Italia una recente ricerca evidenzia come il 20% dei bambini utilizza per la prima volta lo smartphone entro il primo anno di vita e che l’80% dei bambini fra i 3 e 5 anni, è capace ad utilizzare il telefonino dei genitori. Inoltre spesso i genitori utilizzano i DM come pacificatori già durante il loro primo anno di vita (30%) e il secondo (70%).
Ma quali sono le conseguenze di una precoce e prolungata esposizione alla tecnologia digitale?
Un uso esagerato e non coadiuvato della tecnologia, può avere ripercussioni importanti a diversi livelli, sia cognitivi sia di interazione.
Una conseguenza di un’eccessiva esposizione ai DM riguarda lo sviluppo dell’attenzione volontaria. È guidata dai nostri scopi interni, per cui ci permette di concentrarci su un oggetto o su una pagina da studiare poiché siamo noi a volerlo fare escludendo i rumori di fondo e gli stimoli esterni. Inizia a comparire alla fine del primo anno di vita in quanto necessita di alti processi di controllo.
Alcune ricerche hanno indagato il ruolo della televisione in sottofondo sull’attenzione e sul gioco dei bambini. I risultati indicano che i bambini che giocano con la tv in sottofondo, si distraggono più spesso e hanno più difficoltà a riprendere il gioco dove lo avevano lasciato, nella maggior parte delle volte, infatti, cambiano proprio gioco. Come se, l’interruzione dovuta alla tv, disturbasse lo schema di gioco presente e non fossero più in grado di recuperarlo. Sebbene questi studi non abbiano indagato il ruolo a lungo termine che la televisione possa giocare sullo sviluppo futuro dell’attenzione sostenuta, resta comunque evidente che la televisione, anche se in sottofondo, riduce il tempo di attenzione sostenuta che i bambini possono avere sul gioco e riduce gli episodi di gioco in sé. La televisione in sottofondo, inoltre, modula anche la qualità e la quantità del linguaggio dei genitori verso i figli, riducendo il numero di parole per minuto e la quantità di parole nuove utilizzate.
Per quanto riguarda invece i videogames, spesso, si sentono genitori affermare che il proprio figlio sia in grado di stare “attento” per ore davanti allo schermo. Bisogna tuttavia sapere che molti videogiochi, sollecitano l’attenzione automatica e non quella volontaria. Ovvero, quella guidata da stimoli esterni che attirano la nostra attenzione, come un suono improvviso.
Questo significa che in realtà l’attenzione che il bambino o ragazzo sta impiegando è quella automatica, quella attirata da stimoli esterni e non quella volontaria direzionata da nostri scopi interni.
Tale distinzione che può sembrare un esercizio di retorica, è in realtà molto importante poiché ci permette di comprendere quale tipologia di attenzione si stia utilizzando e, pertanto, quale stia potenziando tenendo a mente che è l’attenzione volontaria ad essere implicata nello studio e non quella automatica.
Un altro ambito che può essere influenzato dall’uso dei device elettronici è il sonno. L’uso dei dispositivi multimediali può infatti influire sulla qualità e sulla quantità del sonno andando a minare il fisiologico ritmo circadiano del bambino.
Quello poi che la tecnologia non potrà mai sostituire è lo Sguardo inteso sia come mezzo per lo sviluppo emotivo e comunicativo del bambino, sia come Sguardo che il genitore ha sul bambino. Lo sguardo è un mezzo molto potente. È importante per i bambini, che ancora non sanno parlare, per condividere l’attenzione del genitore su un oggetto terzo (attenzione condivisa), per iniziare a relazionarsi con l’altro, per giocare, per condividere e per leggere lo stato emotivo che l’altro sta vivendo. È un’esperienza fondamentale per il bambino, che si “nutre” di questo per rafforzare le proprie competenze comunicative e il proprio senso di Sé. Oltre a questo sguardo reciproco, esiste poi lo sguardo che il genitore ha ed avrà sempre sul bambino. È la percezione che il genitore ha del bambino/a e dipende anche dalle preoccupazioni e dalle aspettative che nutre verso di esso/a. Questo sguardo guida, influenza e rende sicuro o fragile del/la piccolino/a. Lo sguardo del genitore sarà sempre importante per il/la bambino/a poiché è uno sguardo denso di significato che influenza i suoi atteggiamenti e i pensieri. Questo tipo di sguardo è uno dei mezzi più potenti che ci sia.
I piccolini sentono quello sguardo, percependone talvolta il peso, talvolta il conforto e la forza che solo quello sguardo può fornire. Ecco, lo sguardo di un genitore non potrà mai essere sostituito da uno schermo ed è uno degli aspetti più importanti per la crescita dei bambini. È necessario quindi coltivarlo e non darlo mai per scontato, anche se in quest’epoca digitale si tende a rifiutare lo sguardo, preferendo uno schermo asettico.
Anche se quelli descritti sono solo alcune delle ripercussioni che i DM possono avere sullo sviluppo, non dobbiamo demonizzare in toto gli apparecchi multimediali. Esistono in commercio, infatti, alcuni dispositivi e alcune app studiati con l’obiettivo di migliorare la comunicazione, ampliare il vocabolario, potenziare l’attenzione (anche quella sostenuta) e le funzioni esecutive. Tuttavia riuscire a distinguere queste app apposite, da quelle più commerciali e inadatte non è semplice. Si consiglia un’attenta osservazione e di rivolgersi a professionisti formati, in modo da aiutare i nostri bambini a sviluppare appieno le proprie capacità.
Ad esempio, sul sito di training cognitivo, si possono trovare numerosi materiali e app per scegliere le giuste app per i bambini in età scolare.
È inoltre di massima importanza che i bambini non siano lasciati soli con i dispositivi elettronici, ma che vi sia affianco sempre un adulto consapevole che faccia da intermediario.
Per concludere, a seguito di tutte queste osservazioni, riportiamo alcuni consigli dell’Associazione Americana di Pediatri ripresi anche dalla Società Italiana di Pediatria per l’utilizzo consapevole dei DM.
L’associazione consiglia l’astensione dall’uso di DM nei bambini di età inferiore ai 2 anni, durante i pasti, 1 ora prima di andare a dormire, di programmi frenetici e rapidi, con contenuti distraenti o violenti e come un “pacificatore” ideale per mantenere calmi i bambini in luoghi pubblici.
Consiglia infine di limitare l’esposizione ai DM a meno di 1 ora al giorno per i bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni, a meno di 2 ore al giorno per bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni, a programmi di alta qualità solo in presenza di adulti.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere aggiornato sui prossimi in uscita ma anche per conoscere e raccontare storie e progetti su tematiche pedagogiche e sociali, puoi mettere un like sulla mia pagina facebook.com/diariodiuneducatrice
[facebook_likebox case_type=”like_box_button” fbl_id=”8″][/facebook_likebox]
[instagram-feed]