Aggressività e morsi al nido

Uno dei grandi temi quando si parla di prima infanzia, è l’aggressività e soprattutto la gestione dei morsi.  La fatica di piccoli e grandi è uno stato d’animo sempre presente in queste situazioni perché comprende una serie di dinamiche molto complesse.

La rabbia fa parte delle emozioni principali di ogni essere umano, in modo particolare i bambini la provano quando avvertono una minaccia (immaginaria o reale), e anche per autodeterminarsi e affermare il proprio “ruolo” attorno ad un universo di bambini.

Inoltre, la bocca è l’organo principale attorno al quale avviene la comunicazione, l’esplorazione e la scoperta. I bambini tra i 0 e i 3 anni, avendo un vocabolario ridotto, provano a comunicare con i mezzi che hanno. Morsi compresi.

In questa fascia d’età, ogni emozione equivale ad una azione e la spontaneità dei comportamenti è una caratteristica predominante.

I bambini faticano a gestire le proprie emozioni perché lo sviluppo del loro sistema nervoso e neurologico è ancora nella fase iniziale, per questo i morsi rientrano tra gli elementi di una specifica tappa evolutiva. I bambini nei primi 3 anni hanno un bagaglio linguistico ancora povero ma questo non significa che non comunichino. Per questo la loro comunicazione si basa principalmente attraverso il canale corporeo per cui graffi, spintoni, morsi sono una delle modalità che utilizzano per esprimersi. 

Le neuroscienze testimoniano come il cervello dei bambini così piccoli non è ancora maturo a sufficienza per esercitare un controllo sano delle emozioni che provano. Per questo serve a loro il sostegno dell’adulto che possa indicare vie alternative al comportamento aggressivo sempre con due consapevolezze in tasca. I morsi fanno parte di una tappa specifica del processo di sviluppo ed occorre del tempo affinché il bambino possa trovare soluzioni diverse.

Inoltre le variabili in gioco che sono alla base dell’aggressività infantile sono molteplici e naturali nel percorso di crescita e sviluppo. I morsi sono una delle modalità di espressione di una particolare fascia d’età, tipica della fascia 0-3 anni, non il canale di comunazione prediletto dei bambini, è un fase che passerà con il tempo. Il morso, con atto singolo, non è sintomo o segnale di una patologia particole e in questa fase di crescita non si può parlare nemmeno di bullismo perché dal punto di vista cognitivo non si denota ancora la volontarietà di attivare un comportamento per fare all’altro. 

Noi adulti abbiamo il compito di accompagnarli e fare noi stessi un lavoro interiore per accogliere tutte le parti in causa, anche l’ansia dei genitori del bambino morsicato. 

È necessario che i bambini siano accompagnati nel processo di apprendimento della regolazione emotiva, così che con un corretto accompagnamento che includa diversi aspetti dall’area emotiva (gestionale, linguistica, comportamentale) impareranno una via sana per manifestare le proprie emozioni ma questo per tutto il corso della loro vita, e vuol dire ancora accoglienza e comprensione nei loro momenti di rabbia. 

Non vuol dire che va bene ogni comportamento ma come adulti dobbiamo sostenerli nel cercare la modalità adeguata socialmente per esprimere il loro sentire.

Ci sono delle strategie che possono aiutarci nell’affrontare i morsi:

  • Non utilizzare il morso nei giochi e richiamare il bambino dicendo un no
  • La cura dell’ambiente. Così scontato ma anche a volte sottovalutato, anche dal punto di vista sonoro. Generalmente nelle scuole montessoriane si evita la sovrastimolazione sensoriale eccessiva, abbracciando un’educazione al silenzio.
  • Creare un ambiente accogliente significa anche cromaticamente sereno. Eccessivi colori sgargianti, una quantità smisurata di materiali possono creare un luogo con una stimolazione sensoriale esorbitante e dunque di disturbo. Così da creare un malessere diffuso che può portare a risposte comunicative aggressive.Questo non significa che i bambini non possono comunicare ma se travolti dal perenne chiasso, non potranno parlare ma nemmeno ascoltare. La quiete favorisce la concentrazione, stimola la capacità di mettersi in ascolto di se stessi, degli altri e dell’ambiente esterno con estrema tranquillità. In questo assetto, i bambini imparano a provare piacere da questo clima sereno, in cui tutti i partecipanti possono esprimersi e ascoltare in modo opportuno. Racconto meglio questo concetto qui.
  • Creare un ambiente accogliente significa anche cromaticamente sereno. Eccessivi colori sgargianti, una quantità smisurata di materiali possono creare un luogo con una stimolazione sensoriale esorbitante e dunque di disturbo. Così da creare un malessere diffuso che può portare a risposte comunicative aggressive.

Negli anni, ho notato (insieme a numerose colleghe) che la comunicazione tramite i morsi si verifica in modo particolare durante il gioco libero, o di passaggio tra un luogo ad un altro rispetto all’attività più strutturata. Questo avviene perché i bambini esprimono una sorta di fatica a gestire dei momenti di autonomia senza la guida di un adulto. Anche in questo caso, la presenza discreta di cui parla Maria Montessori è la postura più adeguata: quell’esserci senza mai essere invadente ma di supporto solo quando è necessaria e fondamentale la figura dell’adulto.

Un altro tassello importante, è stato lavorare per sviluppare la competenza emotiva, e stimolare la capacità empatica dei piccoli protagonisti. È possibile supportare i bambini a comprendere il mondo circostante anche attraverso la comprensione delle proprie emozioni. Per questo scopo, a Londra usavo frequentemente i finger puppets! Ovvero i pupazzi a dita in cui i bambini possono immedesimarsi o solo vederli come dei nuovi amici un po’ sensibili perché sono fatti di un materiale più morbido.

Potranno abbracciare loro ma con delicatezza, potranno stringere loro la mano o fargli le coccole con quel accorgimento che permette ai loro gesti una sensibilità attenta ma in linea con il loro sviluppo emotivo e sensoriale. Ma con questi piccoli aiutanti, si possono stimolare differenti aree, ne parlo meglio qui!

Se a tutto questo, aggiungete anche della musica classica di sottofondo, si creerà un clima pacificamente naturale e magico.

Fra le attività da proporre consiglio anche il play-doh, la manipolazione fatta con un materiale morbido ma resistente aiuta a rilassare i muscoli, ma ha anche una sorta di effetto benefico e pacifico mentale.

Un altro gioco semi-strutturato che ha fatto breccia, è stato far il bagno alle bambole. L’azione del prendere la spugna e pulire con delicatezza i piccoli amici, ha anch’essa lo scopo di sviluppare un atteggiamento empatico. Usare movimenti delicati, pulire con attenzione il viso, asciugare con cura tutte le parti del corpo può far sviluppare pensieri empatici potenti. Parecchi bambini incoraggiavano i propri amici dicendo “Fai attenzione, lei è piccola, sii gentile”.

Se a tutto questo, aggiungete anche della musica classica di sottofondo, si creerà un clima pacificamente naturale e magico.

Nella ripetizione di queste attività, ho notato una crescente modalità più gentile nel gioco libero, e gli episodi di aggressività e morsi sono diminuiti nel corso dei mesi.

Ovviamente non ci sono dinamiche standard, e le variabili che spingono i bambini a mordere sono differenti, così come la frequenza.

Inoltre è necessario fare estrema attenzione al linguaggio che utilizziamo, al luogo che prepariamo e lavorare sempre in anticipo rispetto a punizioni inutili sotto tutti i fronti. Serve un linguaggio fermo che sappia dare un lessico adeguato al contesto che racconti al bambino quello appena accaduto. Diventa obbligatorio mantenere la calma e armarsi di una buona dose di pazienza e coerenza. Inoltre serve interrogarsi sul contesto che in qualche modo anticipa una comunicazione aggressiva, fare delle modifiche con il materiale a disposizione e fare della prevenzione la nostra bandiera. Ad esempio, dare dei compiti precisi nei momenti che sappiamo essere più delicata può essere una valida strategia.

Occorre fare attenzione al linguaggio utilizzato, senza fare riferimenti alla violenza che non fa parte dell’immaturità cerebrale dei bambini così piccoli.

In Inghilterra gli “incidenti”, sono chiamati così tutti quegli episodi riguardanti la cura fisica del bambino, sono tutti formalizzati in specifici report che i genitori devono firmare. Al termine del mese, si contano questi form e in caso di aumento, si fanno sempre richiami agli insegnanti e alla scuola notevoli approfondendo come e perché si siano verificati certi episodi. Per questo, si sta sempre molto attenti a certi tipi di dinamiche.

Per quanto riguarda invece le letture, si sta notevolmente abusando degli albi illustrati sulle emozioni dimenticandoci che un buon albo ha in sé una buona quantità di sfumature emotive al suo interno. Approfondirò il tutto in un altro argomento. 

Le manifestazioni della rabbia possono esser molteplici ma tocca a noi adulti, capire come muoverci e comprendere quale reale bisogno ci sia dietro una comunicazione di questo tipo. Dopo i 3 anni, tende a svanire con il tempo ma in caso di situazioni particolari, abbiamo il dovere di indagare con delle figure di supporto adeguate.

Trovate un approfondimento di queste tematiche nel mio testo “Dalla parte dell’educazione”

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Annalisa Falcone
Sono un’educatrice e pedagogista. Non potrei immaginarmi a vivere felicemente senza questa meravigliosa e faticosa professione. Adoro leggere e la pedagogia è la mia passione più grande. Ho studiato e lavorato a Milano, Bologna e ad Alicante, piccolo e piacevole paese a sud della Spagna. Faccende di cuore mi hanno portato nel 2015 nell’affascinante Londra.

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