Viviamo in una società fluida, nettamente adultocentrica, incapace di mettere al centro i bisogni, ma soprattutto i diritti di tutti i minori.
Di fronte all’aumento dei casi, tra le prime misure di contenimento ritroviamo il ritorno alla didattica a distanza per tutte le secondarie, calpestando le necessità di studio e socialità di milioni di adolescenti che dopo mesi di assenza, stavano seguendo tutte le regole per tessere le fila di una differente quotidianità scolastica.
Invece di abbracciare la responsabilità che come adulti abbiano per far fronte alle difficoltà, abbiamo la colpa (e si utilizzo questo termine consapevolmente) di aver preferito la chiusura dei cancelli e delle possibilità di tutt* le-gli ragazz*, rispetto ad elaborare piani strategici per evitare tali provvedimenti.
In casi come questi, sventoliamo come un bandiera la scusante perfetta “Tanto gli adolescenti/bambini (dipende dal caso) sono resilienti e sapranno come affrontare gli ostacoli”. Una motivazione apparentemente perfetta che ci consente di fare quel che vogliamo con i luoghi e le decisioni sottostanti dedicati alla formazione degli individui, dimenticando che la capacità resiliente non cresce sugli alberi ma va allenata, sostenuta, alimentata durante lo sviluppo, ovvero nel periodo in cui stiamo chiedendo a bambini e ragazzi di fare uno sacrificio e rimanere a casa.
Abbiamo costruito un protocollo sanitario degno di un carcere che vede gli studenti impegnati a rispettare un mare di divieti e loro sono stati in grado di seguire tutte le norme. Distanziamento, mascherine, persino non prestare la penna al compagno di banco. Non siamo stati in grado di istituire delle aule a cielo aperto, di diminuire i gruppi, di dividere gli orari di ingresso, di scegliere ambienti altri che non fossero delle aule con l’intonaco vecchio.
Ora gli stiamo chiedendo l’ennesimo gesto che testimonia, non che una pandemia sta controllando le nostre vite, ma che tutto il mondo degli adulti non è capace di scegliere vie alternative. I servizi educativi domiciliari registrano un preoccupante livello di vulnerabilità, in cui la fragilità è potente ed elevata. Stiamo chiedendo a chi è nel pieno dello sviluppo della personalità di sposare la reclusione sociale, creando così un esercito di sofferenti “invisibili” difficili da coinvolgere e sostenere.
Tutto questo perché l’intera categoria dei minori non porta né soldi, né voti, e si sa che in un’epoca altamente concentrata sul profitto questa diventa una variabile che distrugge e non riesce ad alimentare una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. L’interesse di questi ultimi decenni per capire l’universo dei bambini e ragazzi è solo apparente e superficiale, considerando che nelle emergenze non ci focalizziamo sulle loro necessità ma sulle nostre, e la prevenzione non è un assetto primario nel ventaglio delle nostre scelte.
Siamo incastrati in questa vecchia idea adulta del mondo e stiamo creando un buco formativo e sociale grave, con conseguenze importanti su più fronti.
Il diritto alla scuola, questo sconosciuto.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere aggiornato sui prossimi in uscita ma anche per conoscere e raccontare storie e progetti su tematiche pedagogiche e sociali, puoi mettere un like sulla mia pagina facebook.com/diariodiuneducatrice
[instagram-feed]