Anticipo scolastico: un’attenta riflessione

Viviamo in una dimensione sociale in cui il pensiero guida è la produzione perenne e continua di materiali, contenuti e abilità. In tutti gli aspetti della vita, educazione compresa. Così una fetta sostanziale di preoccupazione dei professionisti della cura, in modo specifico alla prima infanzia, riguarda il dare forma ad un prodotto concreto che in qualche modo possa testimoniare i numerosi apprendimenti dei bambini. Così da legittimare in qualche forma il proprio lavoro nei confronti delle famiglie. 

Un’ansia che si ripercuote nella corsa folle verso l’acquisizione massiccia di competenze, e i bambini devono continuamente dimostrare di essere in grado di rispettare le aspettative (eccessivamente alte e poco realistiche) degli adulti. Ai piccoli del 2021 si richiede di saper riconoscere lettere e numeri, far di conto, sviluppare una proprietà di linguaggio forbita, avere un ruolo di prestigio a livello sportivo agonistico, suonare uno strumento e dimostrare quanto siano competenti e capaci al massimo delle loro abilità tagliando il traguardo dell’età sempre in anticipo. Sono bambini bombardati da stimoli digitali, richieste continue di produrre e imparare sempre più velocemente.

Una cultura della corsa che porta molte famiglie a scegliere l’anticipo scolastico per la scuola primaria con la consapevolezza in tasca che apprendere sia una gara di velocità dove i bambini vincitori, possano testimoniare anche adulti vincenti, bravi e capaci. In tale assetto, l’essenzialità del gioco è bannata da ogni logica. 

La fascia 06 invece ha delle caratteristiche proprie, specifiche e tutto il mondo adulto può potenziare, tramite un agire pedagogico che si fonda sulla cura autentica e dunque sul gioco. Tramite il gioco libero e spontaneo si attivano dei processi di apprendimento capaci di sviluppare diverse competenze e allenare il pensiero critico.

Il gioco ha in sé le proprietà che permettono la costituzione delle relazioni e della conoscenza ampia e specifica del mondo circostante. Secondo Bateson “il gioco non è il nome di un atto o di un’azione, è il nome di una cornice per l’azione”, e qui si trova tutta la sua importanza. 

Anche le neuroscienze, testimoniano la sua imprescindibilità nella prima infanzia basando tale consapevolezza sulla conoscenza profonda dello sviluppo del cervello umano. Chiunque si occupi di prima infanzia, deve conoscere i meccanismi che si celano dietro il funzionamento del cervello. 

La mente dei bambini è concreta, perché la corteccia frontale e prefrontale (all’interno del quale troviamo il pensiero astratto e il senso morale) inizia a svilupparsi a partire dai 5 anni. Per questo, non possiamo avanzare delle richieste ad un bambino che prevedono tali abilità se il suo cervello non si è ancora sviluppato per poterle soddisfare e portare a termine. Proprio per queste motivazioni, il canale principale nel quale il gioco trova la sua espressione privilegiata è il corpo. È necessario che i bambini facciano esperienze concrete, sensoriali, basate sul movimento, e l’esplorazione pura dell’ambiente circostante. 

Abbiamo delle linee guida ministeriali meravigliose che sottolineano l’importanza per l’infanzia di sperimentare attraverso la conoscenza del mondo nella forma più esperenziale possibile attraverso diversi strumenti e pratiche.

La nostra cultura ha elaborato il pensiero superficiale che la prima infanzia sia un periodo  quasi superfluo nella corsa folle alla produzione, e su queste convinzioni si basa la scelta di anticipare il periodo in cui si apprendono i saperi più disciplinari e normativi. Tutto il mondo scientifico, psicologico, neuroscientifico e pedagogico sottolinea l’importanza che il gioco detiene nel processo di apprendimento dei bambini. 

Non dobbiamo osservare la prima infanzia solo come terreno fertile per i periodi successivi allo sviluppo ma convalidare la sua peculiarità come età sensibile e specifica. 

Dietro a questa conoscenza poniamoci la domanda “Perché si sceglie l’anticipo scolastico? Cosa si cela dietro questa scelta? con quali motivazioni si segue tale direzione?”.

La Finlandia, che ha sviluppato uno dei sistemi scolastici migliori al mondo, ha posto l’inizio della scuola a 7 anni, facendo dell’assunto di Rousseau “bisogna perdere tempo per guadagnarne” la sua bandiera. Come adulti abbiamo la responsabilità etica, morale e professionale di offrire le migliori occasioni di apprendimento ai bambini, e questo ventaglio di possibilità si esercita disponendo per loro dei contesti liberi da rigidi istruzioni da seguire, e accoglienti di tempistiche diverse e più lente.  I bambini sono soggetti attivi del proprio apprendimento e sono capaci di sentire il nostro senso di fiducia nei loro confronti. Dobbiamo sostenere il loro modo di conoscere, alimentare loro spontanea curiosità e coltivare le domande generative che 

Ad occhi inesperti l’ultimo anno della scuola dell’infanzia corre il rischio di esser considerato quasi surperfluo ma dobbiamo capovolgere la prospettiva. Non pensare a questo tempo come un periodo superficiale ma un mattoncino in più fatto di sicurezza nelle proprie capacità, dell’esplorazione pura, del gioco ricco di tantissime dinamiche preziose per l’identità.

Unica eccezione in cui l’anticipo scolastico potrebbe essere una delle carte sul tavolo delle possibilità riguarda i bambini plusdotati. Qui diventa obbligatorio una valutazione globale del percorso per rispondere alle esigenze dei bambini e vagliare tutte le sfumature possibili.

Trovate un approfondimento di queste tematiche nel mio testo “Dalla parte dell’educazione”

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere aggiornato sui prossimi in uscita ma anche per conoscere e raccontare storie e progetti su tematiche pedagogiche e sociali, puoi mettere un like sulla mia pagina facebook.com/diariodiuneducatrice

[instagram-feed]

 

Annalisa Falcone
Sono un’educatrice e pedagogista. Non potrei immaginarmi a vivere felicemente senza questa meravigliosa e faticosa professione. Adoro leggere e la pedagogia è la mia passione più grande. Ho studiato e lavorato a Milano, Bologna e ad Alicante, piccolo e piacevole paese a sud della Spagna. Faccende di cuore mi hanno portato nel 2015 nell’affascinante Londra.

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *