Nelle famiglie arcobaleno i figli non nascono per caso e nemmeno per sbaglio, ma dopo un lungo, a volte lunghissimo, percorso di studio, confronto, decisioni, attese, giudizi, delusioni. La tappa è quella delle attese, viaggi, numerosi, con ostacoli non previsti che richiedono risorse fisiche e psicologiche inaspettate.
Claudio Rossi Marcelli racconta il viaggio suo e del suo compagno Manlio verso la genitorialità in Hello Daddy!: “Non ci sembrava di chiedere troppo, volevamo solo una famiglia normale: padre, padre e figlio”.
La complessità della società ha avuto dei risvolti positivi per quanto riguarda la composizione dei nuclei familiari odierni. È superata la dicotomia della famiglia classica tradizionale che vede uomo, donna e prole come unica possibilità.
Siamo abituati ancora a declinare le funzioni genitoriali secondo i ruoli di genere, ovvero l’insieme di norme e aspettative socialmente costruite e condivise, rispetto a che cosa sia da considerarsi normale-adatto-desiderabile per uomini e donne in quanto appartenenti a un sesso e non all’altro.
Nelle famiglie arcobaleno i ruoli di genere tradizionali vengono messi in discussione e ci costringono ad allargare la nostra prospettiva. La realtà è molto più variegata e multipla. Tutto questo però si scontra con un vuoto legislativo che allarga le discriminazioni invece di eliminarle.
Di fronte ad un’apertura evidente dell’opzione pubblica, c’è ancora una parte consistente giuridica e non che avanza con critiche massicce come “Ci vuole una mamma e un papà per crescere bene” – “I figli delle famiglie gay saranno omosessuali” – “Così facendo si fanno dei danni”.
Gli studi sul tema iniziarono dagli anni 70 anche se le coppie omosessuali sono sempre esistite, come il divieto assoluto di dichiararlo o manifestare qualsiasi atteggiamento che potesse richiamare un orientamento sessuale fuori dalla norma dell’eterosessualità.
Dagli anni 70 ad oggi, ricerche e studi si sono moltiplicate per comprendere la percezione delle famiglie omogenitoriali e per comprendere se la genitorialità omosessuale potesse manifestarsi in modo diverso da quella che tutti conosciamo.
Il quadro è ormai chiaro: “L’omosessualità dei genitori non influisce sul benessere dei bambini e delle bambine coinvolte e nemmeno sull’identità di genere, né sull’ identità di ruolo e neppure sull’orientamento sessuale dei figli. Figli di genitori omosessuali non hanno infatti più probabilità di manifestare problemi emotivi di quanto ne abbiano i bambini il cui genitore è eterosessuale; né hanno più probabilità di adottare un comportamento sessuale atipico o di diventare a propria volta omosessuali, più di quanto non accada a figli di genitori eterosessuali. Nei figli di coppie omosessuali non sono stati inoltre riscontrati problemi psichiatrici, problemi di adattamento o di personalità in misura maggiore rispetto a quelli riscontrati nel campione di figli allevati da coppie eterossesuali”.
L’unicità delle problematiche delle coppie omosessuali rispetto alla genitorialità è associata alla stigmatizzazione sociale e al non riconoscimento istituzionale di cui esse e i loro figli soffrono: i fattori di rischio non risiedono nell’essere genitori omosessuali, ma nei pregiudizi sociali sugli omosessuali. Tutte le ricerche, dunque, esprimono un dato concorde: l’omofobia e i pregiudizi, che possono tradursi in esclusione, isolamento, ingiustificati attacchi e aggressioni, sono il vero rischio per il benessere di queste persone e per i loro familiari.
Per smontare gli stereotipi dobbiamo comprendere le loro radici. Se le famiglie arcobaleno sono considerate disfunzionali per il benessere dei bambini, cosa significa essere una figura genitoriale? Cosa comporta essere un genitore? Cosa bisogna fare per giudicarsi lo spettro del genitore?
L’esercizio della genitorialità implica:
- Garantire cura e protezione: i bambini hanno bisogno di un contesto sicuro con adulti che possano sostenerli dal punto di vista emotivo, cognitivo, economico, relazionale attraverso il rispetto delle caratteristiche personali e l’ascolto dei bisogni e delle proprie idee.
- Stimolare l’intersoggettività: l’esercizio da parte dei genitori deve tenere in considerazione le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni dei bambini e delle bambine, rispettandone l’identità
- Promuovere l’autonomia attraverso un sostegno globale della persona che includa il diritto all’istruzione, all’accesso alle cure e adulti accoglienti e supportivi in un clima di benessere.
- Favorire una rete sociale con la comunità nei differenti servizi provando a gestire le eventualità conflittualità e difficoltà,
Se questa è la genitorialità, in base a che cosa potremmo dire che una persona omosessuale non è in grado di garantire queste aree di competenza?
Un sano sviluppo dei figli non è condizionato dall’orientamento sessuale dei genitori perché questo non genera confusione o disorientamento nell’identità del figlio. L’omossesualità è una delle condizioni entro cui la genitorialità può essere esercitata, non un fattore di rischio di malessere né sicuramente un .
Già nel 1973 l’American Psychiatric Association dichiarava che “l’omosessualità in se stessa non implica nessun impedimento nel giudizio, nella stabilità e nell’affidabilità, né nelle generali capacità sociali e professionali”.
Nel 2004 l’American Psychological Association ha pubblicato un volume che raccoglie i principali studi sull’omogenitorialità concentrandosi su differenti aree come (personali, capacità genitoriali ed educative, identità di genere, lavoro domestico). Dal confronto tra genitori omo ed eterosessuali non sono emerse differenze per quanto concerne le capacità genitoriali, il concetto di sé e il benessere psicologico. Si è notato che nella coppie lesbiche, la co-madre, quando presente, è più impegnata nella cura dei figli rispetto ai padri della famiglia tradizionale.
La critica più assurda urla:“Ci sono donne schiavizzate dalla gestazione per altri”.
Sempre numeri alla mano è necessario ricordare che la GPA viene utilizzata in larga maggioranza da coppie eterosessuali e in misura minore da coppie di uomini. So che può apparire assurdo, ma all’estero il sentimento di generosità, altruismo esiste in forma profonda e ci sono numerose testimonianze che raccontano una scelta fatta di generosità.
Ogni paese ha le proprie condizioni ma nei paesi europei in cui è legale, come Olanda, Regno Unito, Grecia, lo è a determinate condizioni: chi sceglie di portare avanti la gravidanza per conto di altri non deve farlo per scopo di lucro. I costi includono dunque i rimborsi spese per la gravidanza come esami, visite, assicurazione, più ovviamente le tecniche di fecondazione. Ad esempio in UK, si può accedere solo chi ha la cittadinanza britannica.
La Gravidanza per altri può essere eticamente corretta e trasparente con una regolamentazione chiara evitando che le GPA si realizzano in contesti di povertà e sfruttamento. Basterebbe quindi regolamentarla tramite il solo rimborso per spese, come avviene già in altri paesi.
Il vero rischio per le famiglie arcobaleno e le coppie omosessuali è lo stigma sociale del pregiudizio come l’omofobia, e stereotipi che possono tradursi in esclusione, isolamento, ingiustificati attacchi e aggressioni.
Inoltre c’è un sconfortante quadro legislativo che permette ad un solo genitore, quello biologico, di riconoscere il figlio nato da un processo di PMA e gestazione per altri.
I diritti negati riguardano i minori che si vedono privati della possibilità di vedere riconosciuti giuridicamente i propri genitori, e ai genitori non riconosciuti legalmente sono negati i doveri che dovrebbero avere nei confronti dei propri figli nel vivere quotidiano, in vita e dopo la morte. La mancanza di dovere da parte dei genitori e tutele per i minori ha delle conseguenze catastrofiche nei casi di morte o separazione.
Se solo solo un genitore può esercitare la potestà assumendo a pieno la responsabilità di diritti e obblighi nei confronti dei figli, l’altro non essendo legato al bambino da un vincolo genetico, di sangue e nemmeno legislativo, non ha diritti e doveri, neppur se abbia scelto la paternità-maternità e l’abbia vissuto pienamente fin dall’inizio insieme al genitore biologico. in caso di morte o separazione il genitore elettivo non può rivendicare il diritto a frequentare il figlio.
Esiste un profondo scollamento tra vita vissuta e vita giuridica perché queste famiglie, questi bambini e bambine, esistono, frequentano la scuola, vanno dal pediatra, sono iscritti a basket, frequentano altri nuclei familiari.
Togliamo gli aggettivi «etero» e «omo» e parliamo di genitorialità. Che in entrambi i casi può essere buona o cattiva.
Trovate un approfondimento di queste tematiche nel mio testo “Dalla parte dell’educazione”
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