Inserimento o ambientamento? Quando le parole aiutano le buone prassi

Sappiamo quanto le parole, in ambito educativo, possano fare la differenza anche sul lato pratico e da qui la necessità di fare una riflessione sui termini che usiamo. L’ingresso di un nuovo bambino o bambino al nido è un inserimento o ambientamento? I due termini non sono in realtà sinonimi. 

Inserimento richiama, infatti, l’idea di includere un elemento nuovo in un insieme già completo/compiuto, all’interno di un’organizzazione strutturata in cui lui o lei si dovrà abituare e adattare. Inserire significa, letteralmente, “mettere una cosa dentro l’altra“. Il termine quindi indica un ingresso di qualcosa, come un processo statico senza prendere atto di chi abbiamo di fronte. La parola e dunque la strategia di inserimento implica che “qualcosa” di estraneo, sconosciuto, quasi distaccato debba essere incluso in un ambiente statico, senza che ci sia spazio per i bisogni individuali, le storie personali, le necessità dei bambini e delle loro famiglie. 

Ambientamento, invece, introduce il concetto di accoglienza e tiene conto della complessità, nella quale tutti gli attori entrano in relazione, in un tempo e in uno spazio da costruire su bisogni differenti. Tale pratica sottilinea l’idea di un ruolo attivo dei bambini e delle bambine che possono costruire il loro percorso se sorretti dagli adulti di riferimento, educatrici e genitori. Inoltre conferisce alle famiglie, ai genitori, un coinvolgimento diretto partecipativo che osserva, conosce, partecipa alla vita del nido come protagonista e non spettatore. 

Accogliere: dal latino ad-colligere, significa “raccogliere presso di sè”, un processo dinamico che costituisce una prospettiva di apertura mentale, emotiva e fisica verso l’altro per sostenerlo in un percorso comunitario. 

È un movimento verso qualcuno, verso i bambini e i loro genitori, in un servizio pensato e progettato per loro che però non conoscono e non sanno bene cosa e chi potranno trovare.  

La strategia di ambientamento include e rinforza l’aspetto di comunità educante che sottolinea l’imprescinbilità del punto di vista di ogni partecipante e delle competenze di tutti: bambini, genitori ed educatrici. 

Anche il genitore, infatti, vive l’ambientamento come un’esperienza di emozioni forti e ambivalenti, poiché, se da un lato è consapevole di tutti i punti di forza del servizio educativo e deve accompagnare suo figlio in questo enorme e importante cambiamento, dall’altro deve fare i conti con dubbi, perplessità, ed sensazioni contrastanti che può rendere più complesso questo passaggio. 

“Il nido come sistema, quindi, definisce il concetto ambientamento:
• come passaggio graduale del bambino da un contesto familiare conosciuto ad un contesto più ampio, complesso e da conoscere;
• come punto d’incontro di/tra sistemi in un processo all’interno di un contesto in via di definizione;
• come interazione fra sistemi, dove l’educatore ha una relazione diretta con il bambino, e una relazione indiretta ma, altrettanto forte, con il bambino attraverso il genitore al nido. Nuovi modelli si intrecciano. Le differenze si ampliano. Si esce dal concetto di delega per abbracciare quello di condivisione. Nasce il bisogno di far emergere le competenze dei genitori con i quali inizia un percorso di co-educazione del bambino. Un percorso, quindi, scandito da diversi momenti che delineano la relazione fra i due contesti.

Le famiglie, in un momento iniziale, hanno bisogno di informazioni, devono sapere cosa devono fare. Poi devono essere rassicurate e questo avviene nel quotidiano attraverso le informazioni che gli educatori hanno cura di fornire. Infine hanno bisogno che questa loro esperienza sia restituita.” (Estratto delle Linee guida del comune di Firenze). 

Nella costruzione di questo equilibrio troviamo l’equipe educativa chiamata ad accogliere piccoli e grandi con estrema delicatezza e sensibilità, utilizzando tutte le competenze professionali ed umane per tessere una relazione di qualità e autentica con persone che portano al nido, non solo la propria storia, ma anche le proprie emozioni, vissuti, imparando così a gestire fatiche, difficoltà e limiti. Una relazione che tenga conto delle differente di ciascuno e le rispetti, provando a costruire un insieme capace di prendersi cura con autenticità. 

In questo assetto, il tempo assume una dinamica intensa, in cui quando diventa prolungato, partecipato e immersivo, si offre ai genitori e bambini di iniziare a conoscere una bussola orientativa e riconoscibile che aiuti loro nel maneggiare l’ingresso nella nuova comunità. 

Ogni bambino e nucleo familiare avrà tempistiche e modalità differenti, sostenendo le differenze di ogni famiglia e persona singola, per far in modo che la separazione sia pensata come un ostacolo da poter affrontare e maneggiare. “darsi tempo” diventa così una buona prassi su cui orientarsi, in cui si  rispettano i tempi di ciascun bambino e genitore, dare valore a quello che gli antichi greci chiamavano kairos “un tempo nel mezzo”, un periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade e quel qualcosa è proprio la relazione di fiducia che si costruisce tra tutti i protagonisti coinvolti. 

Come dice un proverbio africano, “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, è bene sottolineare che devono essere i componenti del villaggio a costruire i propri parametri e direzioni. 

L’ambientamento presuppone la creazione di uno spazio sicuro, accogliente, che sappia modellare un nuovo incastro tra le parti. Assume le forme di un delicato processo in cui ognuno é protagonista attraverso il proprio ruolo, ciascun membro della rete. 

Che cosa si potrebbe aspettare un bambino entrando al nido?

Di non perdere di colpo la sua mamma,

di non essere subito toccato e preso in braccio da persone che non conosce,

di non essere ingannato, imbrogliato, di trovare stanze quiete, cantucci in cui nascondersi, adulti che non gridano,

di potersi guardare intorno in pace,

di poter stare anche da solo, di potersi avvicinare agli altri bambini con i suoi tempi,

di non essere spinto a fare , a mangiare, a dormire,

di trovare oggetti semplici per lui interessanti, alla sua altezza,

tanto da poterli prendere da solo,

di avvertire un “flusso” di simpatia dalla sua mamma all’Educatrice e viceversa,

di essere accolto tutte le mattine da un sorriso familiare.

(Quaderno Montessori, Nr. 74 – star bene al nido – estate 2002)

 

Qui puoi trovare il mio testo “Dalla parte dell’educazione”


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Annalisa Falcone
Sono un’educatrice e pedagogista. Non potrei immaginarmi a vivere felicemente senza questa meravigliosa e faticosa professione. Adoro leggere e la pedagogia è la mia passione più grande. Ho studiato e lavorato a Milano, Bologna e ad Alicante, piccolo e piacevole paese a sud della Spagna. Faccende di cuore mi hanno portato nel 2015 nell’affascinante Londra.

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