Abbiamo bisogno di una scuola democratica

In tempi in cui i muri vengono innalzati invece che demoliti, nel quale il giudizio massacrante verso il più debole è una modalità operativa standard, abbiamo un estremo bisogno che i servizi educativi e la scuola rispondano alla necessità che la costituzione conferisce loro. Non luoghi di esclusiva trasmissione del sapere ma di cura e di educazione alla cittadinanza. Significa dunque attivare quella responsabilità capace di educare i bambini e le bambine alla democrazia, dando forma ad una scuola democratica che sia parlamento alla cittadinanza. 

Questa scuola non è un’idea irrealizzabile, ma un luogo di comunità in cui ci si può prendere per mano e compiere il mandato costituzionale dell’essere anche una scuola che favorisce domande, promuove pensiero critico, offre strumenti e genera  fiducia in se stessi e nell’umano così che i diritti di tutti e tutte siano rispettati, sempre. 

 

 

Abbiamo inoltre una storia pedagogica che spiega, narra e racconta l’esigenza di una scuola inclusiva, sotto tutti le prospettive. 

Le indicazioni nazionali del curricolo sfatano dal 2012 lo stereotipo del “Dobbiamo seguire il programma” e parla di campi di esperienza anche dal punto di vista di conoscenza di se stessi e del mondo. Da qui deriva la necessità di esplicitare alcune caratteristiche che una scuola democratica deve esercitare e a cui ogni professionista dell’educazione dovrebbe far fronte. 

L’apertura alla comunità

Non si può conoscere il mondo e avere gli strumenti per fronteggiare difficoltà e problemi vivendo in un’aula, spesso con le porte e finestre serrate. Bisogna che il cielo diventi il nostro soffitto permanente, in cui le città siano parte integrante del contesto di apprendimento. Significa anche abbracciare la curiosità come modello operativo, in cui è evidente il desiderio di conoscere quello che i bambini, le bambine e gli adolescenti vogliono comunicarci. Una scuola che riesca a pensare alla natura come sua fedele alleata così che formare non solo ad un pensiero di conoscenza verso il territorio ma anche di sostenibilità e di appartenenza al luogo in cui si vive sia spontaneo. La scoperta porta ad altri interrogativi, a connettere saperi, imperfezioni e osservazioni e creare altra esperienza e competenza. Vuol dire lavorare a classi aperte in cui si mescolano età e costruiscono laboratori dove si elaborano possibilità, dove le differenze non diventano mai discriminazioni.

L’ascolto come caposaldo

Per costruire la fiducia nel proprio pensiero è essenziale che le figure di riferimento ci accolgano e ci ascoltino. Vuol dire far diventare il dialogo uno degli attrezzi imprescindibili nel fare scuola, l’architrave della relazione educativa, sempre reciproca. Non posso richiedere di essere ascoltato, se non sono io prima di tutto capace ad ascoltare perché i bambini, le bambine e gli adolescenti ci osservano, ci squadrano, raccolgono ed esplicitano ciò che vedono e comprendono. 

Pluralità dei linguaggi

Howard Gardner ha elaborato la teoria delle intelligenze multiple, secondo la quale ogni persona è intelligente in almeno sette modi diversi. Ogni persona è unica, apprende, impara  e conosce il mondo esprimendo una propensione differente e varia. Per questo è necessario aprire il nostro set degli strumenti e aprirci alle potenzialità dei differenti linguaggi: arte, musica, cinema, teatro, alle molteplicità del mondo. Così che il sapere e le diverse modalità di apprendimento siano anche una possibilità di scoprire noi stessi, di costruire conoscenza insieme, accogliendo così l’inaspettato, alle parole, fenomeni, elementi che non conosciamo,  alla potenza che hanno. 

Educare alle differenze e all’inclusione

Nel 1977 è stata emanata la legge 517 che ha modificato l’assetto organizzativo della scuola italiana abolendo le classi speciali, così da permettere agli alunni con disabilità di vivere un contesto scolastico inclusivo e creando una sola scuola, per tutti e tutte. L’inclusione pare sia solo un privilegio di pochi (e qui la cultura e la società devono ancora recuperare molto terreno), perché l’apertura si configura con nuove sfide, richiede impegno e fatica. La scuola è ricca quando è capace di confrontarsi con le disomogeneità, di far tesoro delle differenze che la creano, delle diverse geografie del mondo che la popolano così da incontrare diversi visioni culturali,

Raccogliere la complessità e la lentezza

Studiare e apprendere non vuol dire assimilare ma imparare a riflettere, raccogliere dati, chiedersi il perché dei fenomeni, specificare le motivazioni delle nostre azioni e smontare qualsiasi risposta semplice così da costruire conoscenza tramite ricerca e analisi. La complessità prevede impegno, fatica e ci permette di costruire una cornice più ampia del mondo. La matematica ci può aiutare a capire l’immigrazione, la storia a comprendere gli eventi così da eliminare ed evitare facili ed errati luoghi comuni, non edificando stereotipi scorretti, ma costituendo una forma mentis che possa usare i dati per capire e analizzare. Costruire una conoscenza capace di andare oltre alle semplificazione ci costringe a rallentare i tempi destinati all’apprendimento ricordandosi che non ci sono programmi da inseguire ma campi di esperienza da approfondire. Anche per i più grandi. La costruzione di un pensiero ha bisogno di fallire, tentare, riprovare, costruire di nuovo e di tempo per farlo senza inseguire un’ansia preparatoria per la fascia successiva ma adeguando difficoltà, sfide, richieste e compiti alla specifica età di riferimento  

Moltiplicare le narrazioni, i punti di vista

La letteratura è una nostra fidata alleata nel percorso dell’apprendimento, per questo bisogna fare attenzione alle storie che scegliamo di raccontare: al linguaggio utilizzato, alle illustrazioni proposte, alla molteplicità di protagonisti, personaggi che offriamo. Quante bambine protagoniste ci sono nei nostri testi? Cosa fanno? Avere uno sguardo rivolto al genere, al linguaggio privo di diminutivi, inclusivo per tutti e tutte, capace di accogliere le diversità e non disprezzarle. Ampliare i racconti che mettiamo a disposizione capaci di narrare storie omosessuali, di immigrazione che parlano di mestieri possibili e alternativi. 

Fare educazione significa assumersi una responsabilità enorme nel dare forma ad una cittadinanza attiva e consapevole del potere immenso che ha nel vivere questo mondo complesso e pieno di sfide. Costruire una scuola in grado di rispondere a questa complessità è il compito primario che abbiamo come società, nell’esercitare il nostro ruolo di adulti. 

Trovate un approfondimento di queste tematiche nel mio testo “Dalla parte dell’educazione”

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Annalisa Falcone
Sono un’educatrice e pedagogista. Non potrei immaginarmi a vivere felicemente senza questa meravigliosa e faticosa professione. Adoro leggere e la pedagogia è la mia passione più grande. Ho studiato e lavorato a Milano, Bologna e ad Alicante, piccolo e piacevole paese a sud della Spagna. Faccende di cuore mi hanno portato nel 2015 nell’affascinante Londra.

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