I diritti dei bambini e delle bambine sono i doveri degli adulti

Malaguzzi sosteneva che si parla tanto di bambini ma si parla poco con i bambini e ancora meno li si ascolta. Eppure la Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è un accordo, un documento con cui l’infanzia ottiene finalmente il pieno riconoscimento della dignità umana.

Attraverso la Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, l’infanzia giunge ad ottenere il pieno riconoscimento della propria dignità umana. È il testo giuridico più ratificato e contemporaneamente più disatteso al mondo, che deve o meglio dire dovrebbe essere cartina tornasole per chiunque abbia un ruolo di responsabilità all’interno del lavoro educativo.

La convenzione compie un passaggio importante: i bambini e le bambini non sono considerati più come portatori di bisogni ma come soggetti di diritti. Si abbandona così la visione passiva dell’infanzia per abbracciare una prospettiva attiva. I bambini e le bambini hanno un proprio sguardo sul mondo, e stanno costruendo i propri attrezzi per maneggiarlo al meglio. 

La cornice di riferimento della Convenzione si basa su 4 principi: il diritto alla non discriminazione, il rispetto del superiore interesse del bambino, il diritto alla vita, alla sopravvivenza e a un corretto sviluppo e il diritto all’ascolto. La convenzione è la bandiera esplicita e dichiarata di  tutti coloro che hanno un ruolo di responsabilità e di relazione con i minori e che, lo vogliano o no, sono portatori di una teoria di fondo. Queste teorie provengono dalla nostra formazione, vissuti, sono legate alla nostra cultura. 

Molte volte gli adulti osservano i bambini con uno sguardo proiettato al futuro con la dicitura del “I bambini sono cittadini del futuro” con il focus a quello che diventeranno. Questo assetto ha dato il via ad un pensiero dell’infanzia come un soggetto in evoluzione, ancora immaturo e quasi incapace di entrare a far parte della comunità. Se da una parte è un pensiero che può essere condivisibile, dall’altra corriamo il rischio di oscurare bambini e bambine nel qui e ora, con tutte le loro caratteristiche peculiari. Pedagogisti come le sorelle Agazzi, Montessori, Malaguzzi hanno elaborato la riflessione del considerare i bambini come co-costruttori della loro esistenza, soggetti attivi del loro sviluppo. 

Questo non significa deresponsabilizzare gli adulti nel loro ruolo di accompagnamento e affiancamento ma sottolineare i bambini e le bambine come soggetti di diritti nel tempo presente. 

Cosa vuol dire fare delle Convenzione la nostra bandiera?

Vuol dire che i bambini non sono di proprietà dei genitori ma che la loro educazione è di loro responsabilità.

Letteralmente stare dalla parte dei bambini, vuol dire cercare il giusto equilibrio della cura autentica che tanto Heidegger aveva indagato, tra sostegno e sviluppo dell’autonomia, non sostituendosi a loro, non togliendo ai bambini e alle bambine difficoltà e ostacoli ma stando di fianco a loro, pronti a accoglierli di fronte alle cadute, non evitando che percorrino il cancello e accogliere l’idea che possano anche sbattere il viso. 

Prendendo sul serio le loro opinioni, ascoltando le loro riflessioni, chiedendo di esprimere il loro parere e dare forma a spazi, luoghi in cui tutto questo viene accolto e incoraggiato. 

Vuol dire ascoltare l’infanzia: il suo modo di pensare, fare, porre domande, teorizzare, desiderare. Ascoltare il bambino, come atteggiamento, non può ridursi a una mera attività didattica. L’ascolto attivo ci porta a comprendere come i bambini pensano, desiderano, formulano teoria e ci fanno entrare all’interno della loro prospettiva.  Un ascolto che richiede tempi lenti, tentativi, disponibilità, apertura ai cambiamenti e a mettersi in gioco. 

Un ascolto che non veda nell’apprendimento l’esecuzione dei lavoretti, un rispetto per l’infanzia capace di rispecchiare nei bambini e nelle bambine senza porgere loro etichette.

Stare dalla parte dei bambini significa accogliere la nostra responsabilità come adulti supportivi. 

Quale posizione abbiamo come adulti quando i bambini subiscono ancora violenza fisica e verbale? Quale prospettiva abbiamo di fronte alle minacce?

Perché continuiamo a giudicare i loro corpi usando l’umiliazione e la derisione come strumenti? Perché continuiamo a promulgare il diritto all’istruzione e nelle nostre scuole continuiamo a perseverare con luoghi ed esperienze che non accolgono i loro diritti e bisogni? Perché utilizziamo ancora il cibo come punizione-minaccia o premio?

Le nostre città sono strutturate per essere vissute dall’infanzia? gli spazi sono accessibili?

Attraverso la CRC, l’infanzia giunge ad ottenere il pieno riconoscimento della propria dignità umana e deve essere il nostro manifesto in cui rispecchiare le prassi quotidiane di ogni persona che si relaziona con i bambini e le bambine. Ovvero tutta la cittadinanza, nessuno escluso. 

Considerare i bambini degli attori sociali significa porre in evidenza due aspetti fondamentali ovvero: l’essere socialmente competenti nella partecipazione, nelle interazioni e nella costruzione dei significati culturali ed essere soggetti attivi del cambiamento, dunque capaci di trasformare in modo creativo i vincoli entro cui agiscono. 

Qui puoi trovare il mio testo “Dalla parte dell’educazione”

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Annalisa Falcone
Sono un’educatrice e pedagogista. Non potrei immaginarmi a vivere felicemente senza questa meravigliosa e faticosa professione. Adoro leggere e la pedagogia è la mia passione più grande. Ho studiato e lavorato a Milano, Bologna e ad Alicante, piccolo e piacevole paese a sud della Spagna. Faccende di cuore mi hanno portato nel 2015 nell’affascinante Londra.

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